sabato 12 aprile 2014

LA STRAORDINARIA LEZIONE DEL MAESTRO CARMINE PIRAS SU “ARCHEOLOGIA SPERIMENTALE E SCULTURA DELL’ETA’ DEL BRONZO”, NELL’ULTIMA CONFERENZA “VENERDI’ CON IL ROTARY”: UN INTRIGANTE PERCORSO ALLA RICERCA DELLE NOSTRI ANTICHE ORIGINI.



Oristano 13 Aprile 2014
Cari amici,
chi pensava che l’antica cultura del Popolo Sardo fosse una cultura modesta, fatta in casa, dove l’antico pastore, vestito di semplici pelli sopravvivesse in maniera quasi “selvaggia”, Venerdì sera si è dovuto proprio ricredere! 
I partecipanti all’incontro, già al momento dell’ingresso nel salone delle conferenze del Mistral 2, venivano subito attratti da qualcosa di nuovo, in precedenza mai visto: a fianco al tavolo della conferenza troneggiava il manichino di un guerriero (simile ad uno dei giganti di Mont’e Prama), ricoperto da un completo corredo da battaglia, con abbigliamento in pelle, scarpe, schinieri, robusto scudo rotondo con all’interno altri spadini di offesa, rinforzi di cuoio ai polsi, guanti, elmo cornuto e larga e lucente spada, impugnata con forza. Questo era il “pezzo” più osservato, anche se non ne mancavano altri, come le tre luccicanti spade, riprodotte a grandezza naturale e conservate all’interno di una bacheca, e, sparsi sul lungo banco della conferenza, altre riproduzioni di bronzetti nuragici. Tutti oggetti, quelli esposti, fedeli riproduzioni,  copie degli originali rinvenuti in diverse parti dell’Isola, realizzate dal Maestro Piras con le tecniche primitive dell’epoca. Gli oggetti esposti erano lucidi come l’oro, colore originale del rame e del bronzo appena fabbricato, non ancora coperto dalla patina grigio-verde che siamo abituati ad osservare sui bronzetti originali. Essi raffiguravano guerrieri, donne con bambini, cassapanche, nuraghi e abitazioni, spade votive e da guerra: un vero campionario della vita di quell’epoca remota.
La sala delle conferenze non era mai stata così in fermento: i commenti e le osservazioni si sprecavano, mentre il conferenziere e il nostro segretario cercavano di mettere a punto il sistema di proiezione delle diapositive. La curiosità era palese e tutti non aspettavano altre che sentire, dalla viva voce del Maestro Carmine Piras, il racconto delle sue esperienze, relative alla nostra antica civiltà. Dopo i saluti iniziali della Presidente del Club, Egle, che ha voluto presentare al pubblico il curriculum del famoso artista-artigiano, il maestro Carmine Piras ha preso la parola. Ha iniziato la chiacchierata, partendo da lontano. Ha esordito dicendo che la nostra antica civiltà, pur non avendo lasciato tracce scritte ci ha lasciato una bella serie di manufatti, capaci anch’essi di parlare e di raccontare, in modo inequivocabile, la vita di quella civiltà: le perfette riproduzioni in bronzo, i famosi bronzetti, ci dicono, sapientemente osservati, quale fosse il grado di civiltà che il popolo sardo aveva maturato all’epoca dei nuraghi. Civiltà nuragica evoluta e colta, ha detto, che ci ha lasciato, in gran parte ancora integri, oltre 20 mila nuraghi, migliaia di Tombe di giganti, di Domus de Janas, di Pozzi Sacri, oltre alle possenti statue di guerrieri, arcieri e pugilatori, ritrovate circa quarant’anni fa “in frantumi”, sepolte nel nostro Sinis di Cabras. Le statue note come i Giganti di Mont’e Prama, sono state ricostruite con un paziente lavoro di restauro e recentemente esposte in parte a Cagliari ed in parte a Cabras.
Tutto questo materiale, oggetto di lunghi e pazienti studi, ha messo in luce, la bontà della nostra antica cultura nuragica, espressa in tutti i campi: da quello costruttivo, i nuraghi, a quello della scultura, i Giganti, oscurando con questi ultimi anche la precedente fama della grande civiltà greca, essendo, le statue, antecedenti di almeno 600 anni a questa civiltà. Carmine Piras, grande studioso a livello internazionale di Archeologia Sperimentale (dal 1975 è membro dell' accademia delle arti e delle scienze di Pescara), non si limita a studiare teoricamente questa antica civiltà: molti non lo sanno ma Egli oltre lo studio teorico cerca di verificare con i fatti la realtà nuragica. Partendo dai manufatti rinvenuti in molte parti dell’Isola, in gran parte bronzetti, Egli, dopo averli sapientemente studiati, li riproduce, con l’utilizzo delle stesse tecniche allora possibili e gli strumenti dell’epoca. Solo realizzando copie di questi manufatti, ha detto, si possono meglio capire le tecniche allora utilizzate, il grado di cultura e le conoscenze tecniche che quella antica civiltà possedeva. Non solo. 
Esaminando attentamente i bronzetti, le stoviglie e le statue ritrovate, è stato possibile capire quanto questo popolo fosse evoluto: l’ analisi delle delle armi usate, degli strumenti di difesa, dalle costruzioni megalitiche realizzate, dell’abbigliamento indossato, hanno chiaramente messo in luce l’elevato grado di civiltà posseduto. Il popolo dei Nuraghi era un popolo ben organizzato e complesso, numeroso e diffuso in tutta l’Isola, come dimostra la totale copertura con i Nuraghi dell’intero territorio; abitazioni e abbigliamento erano particolari e complessi: i nuragici indossavano pantaloni, camicie, giubbotti, copricapi, guanti, schinieri, scarpe e quant’altro necessario per la vita di tutti i giorni e per le lotte contro altri popoli. I bronzetti raffiguranti le donne indicano un abbigliamento ricco, capigliature sfiziose e curate; anche l’arredamento per la casa era costituito da sedie, cassapanche e armadi. Un popolo, insomma, ricco, potente ed evoluto.
Anche le abitazioni, come possiamo osservare in alcuni bronzetti, non erano (come da molti ipotizzate) quelle piccole capanne circolari scoperte intorno ai nuraghi o ai pozzi sacri, ma grandi case quadrate o rettangolari (forse già da allora costruite con la tecnica della terra cruda, del “ladiri”), con solaio in travi di legno, ambienti ampi e spaziosi, dove trascorrere il riposo e la vita familiare. Un curioso bronzetto esibito da Carmine, evidenzia, a fianco ad un nuraghe, una grande casa quadrata: questa sembra dimostrare, senza dubbi, l’esistenza di abitazioni di questo tipo; anche gli studio di alcune Domus de Janas,  che presentano ampi vani scavati nella roccia con stanze quadrate e con soffitti a travatura di legno, sembrano confermare l’ipotesi dell’archeologo sperimentale Carmine Piras.
L’abilità dei nostri antenati nuragici, messa in evidenza dai bellissimi bronzetti pervenutici, dimostra quanto fossero abili nella lavorazione dei metalli. Carmine Piras nella ricca esposizione esibita, corredata da interessanti slide, ha sostenuto che i nuragici conoscevano non solo la tecnica della fusione “a cera persa”, metodo non semplice e che richiedeva grande abilità, ma anche quella “a stampo”, metodo quest’ultimo che consentiva di fabbricare anche più di un pezzo alla volta, in quanto era possibile fondere anche due o tre oggetti (prevalentemente spade) con un’unica colata di metallo.
Nella sua lunga ed appassionata relazione Carmine Piras ha cercato anche di sfatare il luogo comune: quello che la civiltà del ferro sia nata dopo quella del rame e del bronzo! I suoi studi lo hanno indotto ad affermare il contrario ed ha cercato di dimostrarlo. Se è pur vero che nei numerosi scavi effettuati mai sono stati rintracciati oggetti di ferro relativi al periodo nuragico, è anche vero che, a differenza del rame, del piombo e del bronzo, il ferro si “scioglie” nell’acqua. Questo processo, che fa polverizzare il ferro in poco tempo attraverso l’attacco della ruggine, non ha consentito che utensili di ferro siano potuti arrivare, dopo migliaia di anni, fino a noi, anche se  certamente esistevano! Per poter scavare il basalto o il granito (basta andare a visitare pozzi sacri come quello di Santa Cristina o le tombe di giganti della Gallura), materiali di una grande durezza, il rame e il bronzo non sarebbero stati sufficienti a farlo, in quanto  solo la durezza del ferro o dell’acciaio avrebbero potuto incidere rocce cosi dure. Anche per meglio lavorare gli altri metalli più duttili era necessario un metallo forte come il ferro.
Carmine Piras, nella sua appassionata relazione, convinto delle sue teorie, ha anche affermato, tra l’altro, che realizzare oggetti in ferro o acciaio era più semplice che realizzarli in bronzo. I suoi esperimenti lo hanno pienamente dimostrato. Utilizzando le sabbie nere che, nei giorni di burrasca il mare deposita sulle nostre spiagge, come quelle del Sinis, e fondendola (questa sabbia nera è ferro allo stato puro), anche con legna e carbone a 800-900 gradi,  si ottiene una pasta ferrosa che può essere trasformata, a stampo, in qualsiasi utensile. Lui personalmente, aggiungendo anche corno e cuoio, è riuscito con metodo elementare a realizzare anche utensili ancora più robusti, in acciaio. Strumenti che i nuragici  certamente fabbricavano e che consentivano tanti lavori pesanti, tra cui anche la perfetta lavorazione degli altri metalli.

Cari amici, solo l’inesorabile trascorrere del tempo ha messo fine all’appassionata relazione del Maestro Carmine Piras, che, con la sua appassionata manualità ha cercato e continua ancora a cercare di far rivivere, in epoca moderna, le antiche fatiche dei nostri antenati. Al termine, dopo le tante domande, un aperitivo per tutti, a cui è seguita la rituale cena conviviale.
Grazie, amici dell’attenzione.
Mario

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