Oristano, 28 Settembre 2009
COMPLETATO IL RECUPERO DI UN TESORO MEDIOEVALE.
La Chiesa annessa al Monastero S. Chiara è stata sapientemente restaurata in contemporanea al recupero del prezioso affresco medioevale recentemente ritrovato.
La bella giornata di ieri ha fatto da cornice alla presentazione al pubblico dello splendido restauro della Chiesa di Santa Chiara, una delle più antiche di Oristano. A breve, dopo il ripristino dell’Altare Maggiore, sarà riaperta ufficialmente al culto questa antica Chiesa, parte integrante dell’omonimo Monastero delle Clarisse, ubicato in pieno centro storico ad Oristano. Per il completamento dei difficili e costosi lavori di restauro è stato bandito un “concorso di idee progetto” atte a studiare il nuovo altare che dovrà trovare la giusta soluzione e collocazione, dovendo integrarsi con gli splendidi manufatti trecenteschi, riportati all’antico splendore.
Il Convento di Santa Chiara (con l’annessa Chiesa) in Oristano, secondo alcuni storici, è il più antico monastero di Clarisse sorto in Sardegna e risalirebbe a circa dieci anni dopo la morte di Santa Chiara. La presenza delle Clarisse ad Oristano risalirebbe alla seconda metà del 1200, anche se non ci sono documenti che possano provarlo con certezza. Certa è invece la data di "rifondazione": 22 settembre 1343, come si rileva dalla lettera apostolica inviata dal papa Clemente VI al giudice Pietro III.
Il monastero già nel 1345 era abitato da tredici suore provenienti in parte da Pisa. Dati certi questi, in quanto i nomi delle suore compaiono in lettere papali del 1371 e 1373, ma anche in atto pubblico del giudice Mariano IV del 1368.
Il giudice Pietro III, che donò vita a questo monastero, morì nel 1347 e sua moglie donna Costanza, figlia di Filippo Aleramici marchese di Saluzzo, si ritirò in monastero trascorrendo qui gli ultimi mesi della sua vedovanza e vita. Una lapide ritrovata nel secolo scorso, scritta in caratteri gotici ci ha lasciato la data della sua morte, 18 febbraio 1348. Di donna Costanza di Saluzzo resta pure il testamento col quale donò al monastero di Santa Chiara la Villa di Molins de Rey, in Catalogna, che aveva ricevuto in dono dal marito, e che le suore per la lontananza e la difficoltà di amministrarla, rivendettero alla regina Eleonora d'Aragona, come attestano diverse lettere indirizzate dal pontefice Urbano V ai vescovi di Bosa e di Barcellona ed alla stessa regina d'Aragona per la riuscita della vendita.
Veramente ricco di storia, dunque, questo antico e ancora splendido gioiello architettonico, grande orgoglio della nostra città, e che meritava certamente gli impegnativi lavori eseguiti con grande perizia e maestria.
Unico nel suo genere in Sardegna l’affresco recentemente venuto alla luce: un tesoro di inestimabile valore. Il dipinto, di circa sei metri quadri, è rimasto ignoto per secoli, in quanto ubicato nel “Coretto” a lato alla navata centrale della Chiesa. La casuale recente scoperta, anche se alcuni ben informati sostengono che la prima ad accorgersi dell’esistenza di quel tesoro è stata suor Celina Pau, suora del convento, talmente affezionata alla storia della Sua Chiesa da diventare un’appassionata studiosa di storia dell’arte, ha mobilitato studiosi ed esperti. Difficile il recupero dell’antico affresco, in quanto ubicato in uno spazio più volte modificato: l’ultima destinazione l’adibizione a “ Coretto “, per la cui realizzazione l’affresco venne tagliato a metà per l’inserimento dei travi di sostegno alla scala di accesso; danni, quelli subiti in quei punti, irrecuperabili. Le difficoltà incontrate sono state sapientemente descritte dalla D.ssa OLIVO, funzionario della Sovrintendenza di Cagliari e Oristano, alla quale era stato affidato il progetto di restauro della preziosa opera. Pur con gli irreversibili danni subiti il dipinto è ora in grado di mostrare ai visitatori le grandi capacità pittoriche dei maestri dell’epoca. Roberto Coroneo, docente di Storia medioevale e direttore del Dipartimento di Scienze archeologiche e storico-artistiche dell’Università di Cagliari, affermava all’epoca del ritrovamento:
“…dalle prime indagini che siamo riusciti a svolgere sul posto è possibile intravedere un crocefisso, una figura inginocchiata e degli angeli… ma per avere qualche informazione più precisa è necessario svolgere studi particolari, utilizzando non soltanto metodi tradizionali ma anche scientifici e di diagnostica con strumenti tecnologici. La scoperta, comunque, è importante perché non esistono testimonianze medioevali paragonabili a questa in Sardegna…”.
Il restauro del dipinto ha, dunque, iniziato il suo iter, unitamente al restauro della Chiesa, resosi oltremodo necessario per le numerose infiltrazioni d’acqua provenienti dalla vetusta copertura. Un pool di esperti di valore, gli architetti Rossella Sanna e Federica Pinna, con gli storici dell’arte Andrea Pala e Nicoletta Usai, hanno messo in piedi un sapiente lavoro di recupero e di ricerca storica. Il faticoso lavoro che li ha impegnati è stato raccontato all’attento pubblico presente: ognuno ha elencato le difficoltà incontrate e le soluzioni trovate. Ora, a lavoro praticamente ultimato, la gran bella soddisfazione del risultato: Oristano avrà presto, di nuovo fruibile, la splendida ed antica Chiesa degli Arborea.
Oristano, città pur ricca di storia, ha perso con il tempo non poche testimonianze del proprio glorioso passato: la città, patria di Eleonora D’Arborea, cerca oggi di ritrovare e valorizzare quanto si è salvato dall’incuria del tempo e degli uomini. Questo ritrovamento è per Oristano molto importante, come è stato sostenuto anche ieri durante la presentazione dalla D.ssa Olivo, in quanto pochi sono in Sardegna gli esempi di pittura medioevale ritrovati. Le poche tracce visibili sono a Sant’Andrea Priu a Bonorva, nella cripta di S.Lussorio a Fordongianus e, come arte romanica, a Saccargia, S.Nicola di Trullas, a Semestene e a Galtellì.
Il Rotary Club di Oristano, unitamente agli altri due club di servizio cittadini, Lions e Soroptimist, ha messo a disposizione un proprio contributo per completare l’opera, cosi che la Città possa presto esibire nuovamente uno dei suoi più importanti tesori.
I vividi raggi di sole che ieri pomeriggio illuminavano la navata dell’antica Chiesa sembravano anch’essi felici di far risplendere il ritrovato gioiello.
Mario Virdis
virdismario@tiscali.it
all.foto del dipinto e del complesso medioevale restaurati.
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